La questione dei nomi delle professioni al femminile una volta per tutte

Rilancio su una tematica che mi sta molto a cuore… ovvero l’utilizzo di nomi “femminili” (grammaticalmente parlando) identificanti talune professioni (che abitualmente sono declinate al maschile) se queste sono svolte da donne… #Zingarelli alla mano (dato che è il dizionario che più di tutti fa attenzione a riportare il maggior numero possibile di femminili professionali, e lo fa sin dal 1994) è che compaiono (“Oibò!”) le forme corrette di “rettrice” e “arbitra”, per chi esercita queste professioni ma è di sesso femminile. Non pare che nessuno dei due sia un neologismo (“Oibò!”, “Oibò!”) perché già in latino esistevano le coppie rector/rectrix e arbiter/arbitra, che nel corso dei secoli hanno subito ovvi slittamenti semantici, ossia cambiamenti di significato.
La risposta parrebbe semplificata. Eppure non lo è!! (“Oibò!”, “Oibò!” “Oibò!” ). Dato che non mi invento niente nemmeno io, suggerisco la lettura di un interessante articolo (dal quale ho preso spunto per i miei “Oibò!” (peraltro neanche tanto tali…) scritto dalla sociolinguista Vera Gheno. Ed invito tutte le donne a leggerlo.

“ Oibò! vergogna! ” scappò fuori Renzo, inorridito a quelle parole…

A. Manzoni, Promessi Sposi

https://www.valigiablu.it/professioni-nomi-femminili/


#MeToo #linguaggiodigenere